Ricerca e testi a cura di Ezia Bovo
La prima Guerra Mondiale, combattuta dall’Italia dal 1915 al 1918 sul confine Nord-Est, costò alla nostra nazione 600.000 morti e quasi un milione di feriti, sui 10 milioni di morti totali.
Dal 1915 al 1918 oltre cinque milioni di uomini di età tra 18 e 45 anni dovettero indossare la divisa grigioverde ed oltre tre quarti di essi combatterono in trincea. Circa cinquecentomila soldati morirono sul campo di battaglia e negli ospedali delle retrovie, altri centomila perirono per fame, stenti e malattie nei campi di prigionia dell’Austria-Ungheria e della Germania. Nel dopoguerra furono 220 mila i grandi invalidi con una accertata rilevante menomazione fisica o psichica, ma ogni combattente o civile coinvolto nell’aberrante conflitto continuò a soffrire per anni i postumi di traumi, malattie, infezioni o ferite contratte in guerra.
Dalla Valle d’Aosta partirono per il fronte 8.500 uomini, reclutati nel maggior numero nei reparti degli Alpini e della Fanteria, corpi militari particolarmente esposti ai combattimenti in prima linea che di conseguenza hanno sacrificato più di altri soldati morti, feriti e prigionieri.
La Valle d’Aosta, a fine conflitto mondiale contò così 1.500 caduti, in proporzione, il più alto numero di vittime rispetto a quello di ogni altra regione d’Italia. Molti di loro erano soldati del Battaglione Aosta, componente il 4° Reggimento, l’unico Battaglione Alpini al quale venne conferita la medaglia d’oro al Valor Militare per azioni sul Monte Vodige e sul Monte Solarolo. Fra questi si annoverano anche Verreziesi.
I soldati erano reclutati da ogni località dell’Italia ed ogni paese e città, alla fine del conflitto, contò i suoi caduti, i propri giovani uomini mai ritornati alle loro famiglie ed alle loro case.
Dopo la Guerra furono eretti monumenti commemorativi e viali della Rimembranza, ma la contabilità dei caduti in combattimento, dei dispersi, dei presunti morti, dei prigionieri, dei reduci mutilati e morti in conseguenza alle ferite ed alle malattie contratte nelle trincee e nei campi di prigionia, non fu mai preciso.
Il Regio Decreto del 22 novembre 1925, n.2130 stabilì che: “è dovere nazionale raccogliere e pubblicare in un albo i nomi dei Caduti durante la guerra 1915-1918 per conservarne con segno d’onore il perenne ricordo”. Così il Ministero della Guerra costituì l’Albo d’Oro dei militari italiani caduti, raccogliendo in 28 volumi e tre appendici del Veneto i loro nomi con frammentarie informazioni di ognuno. Anche quest’opera risulta però tristemente incompleta.
Fu inoltre istituita l’onorificenza della Croce al merito di guerra, una medaglia in bronzo a forma di croce concessa a tutti i combattenti italiani che avessero onorevolmente prestato servizio attivo per un periodo minimo di sei mesi in zona di guerra o fossero stati feriti o caduti in azione.
Nel 1968, a 50 anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, per esprimere la gratitudine della Nazione a quanti avessero conseguito la croce al merito di guerra, lo Stato istituì l’Ordine di Vittorio Veneto, del quale furono insigniti i combattenti reduci, ancora in vita in quella data.
In valle d’Aosta furono 2.198 ad esserne insigniti.
Anche Verrès ha contribuito con 22 concittadini al sacrificio di uomini, soldati uccisi al fronte o morti a distanza di giorni, mesi, anni a causa delle ferite riportate o delle malattie contratte nelle trincee e nei campi di internamento dei prigionieri di guerra.
Durante la guerra erano i sindaci i destinatari dei telegrammi del Ministero della Guerra che informavano sommariamente della morte in combattimento dei giovani soldati. Oppure, attraverso la Commissione Prigionieri di Guerra della Croce Rossa Italiana, il telegramma informava della loro cattura nelle mani del nemico.
Ai sindaci veniva chiesto: di informare “coi dovuti riguardi” la famiglia interessata. A volte era la prima comunicazione a giungere alla madri, per poi essere ratificata tempo dopo dalla seconda.
Gli atti di morte dei soldati caduti erano registrati sui registri degli ospedali da campo o nei Comuni più prossimo ai campi di battaglia ed alle trincee dove era combattuta la guerra. Copie di questi venivano poi inviati ai paesi di provenienza dei caduti per essere trascritti. Anche il Comune di Verrès li riceveva all’incirca due o tre mesi successivi alla data del decesso, uno di questi giunse però addirittura tre anni dopo.
Sepolti nei cimiteri militari o in quelli dei paesi limitrofi le zone dei combattimenti, sei di loro hanno ancora una tomba. A pochi anni dalla fine della guerra furono infatti costruiti in prossimità dei luoghi dei combattimenti sacrari militari a ricordo delle vittime e molti resti dei soldati vi furono deposti.
Ubaldo Borione è sepolto nel Sacrario di Redipuglia nella tomba 3374 gradone 2 (col nome però di Berione)
Benedetto Chiabotto riposa nella cappella ossario del cimitero comunale di Sondrio alla tomba 244.
Ferdinando Alessio Cretier i suoi resti sono sepolti nel Sacrario di Verona all’interno del cimitero monumentale della città.
Umberto Baseggio è sepolto nel Tempio Sacrario di Udine alla tomba 691.
Ernesto Francesco Othmar Bonin e Luigi Sbernini sono entrambi sepolti nel Tempio Ossario di Bassano del Grappa, rispettivamente alla tomba 638 ed alla 4410.
Battista Pietro Danna, Giuseppe Busetti (Bozzetti) e Giacomo Prola risultarono invece dispersi e dichiarati presunti morti.
Venivano dichiarati “dispersi” i militari morti in combattimento i cui corpi erano così mutilati dalle deflagrazioni da non poter essere identificati dai commilitoni sopravvissuti.
Luigi Sbernini morì a 18 anni, mentre morirono a 20: Nicola Lorenzo Luigi Dallou, Mario Pietro Barbier, Battista Pietro Danna, Giovanni Guglielmo Bertolin.
Nicola Dallou e Mario Barbier morirono rispettivamente dopo due e quindici giorni dal compimento dei vent’anni.
Francesco Janin; Nicola Dallou; Ubaldo Borione; Mario Barbier; Carlo Lorenzo Cottura; Battista Danna; Francesco Giuseppe Chasseur; Guglielmo Bertolin; Placido Perron; Giuseppe Busetti; Giacomo Prola; Ernesto Othmar Bonin; Ottavio Dondeynaz; Luigi Sbernini morirono a causa di colpi di proiettili, granate o bombe nemiche che, come risulta da alcuni dei certificati di morte, gli spappolarono il cranio. Quella guerra fu combattuta in trincea ed i soldati si dovevano sporgere per controllare la linea nemica, esponendo il capo che forniva così un bersaglio ai militari dell’esercito avversario.Ernesto Vernetto; Alessio Ferdinando Cretier; Umberto Basseggio; Benedetto Chiabotto; Umberto Mautino ; Pietro Duguet; Dante Massoni; Maurizio Gevroz morirono a causa di malattie contratte sui luoghi di guerra.
Tre di loro: Ernesto Vernetto, Benedetto Chiabotto ed Umberto Mautino morirono a pochi giorni dalla fine della guerra, rispettivamente il 10; il 16 novembre ed il 6 dicembre 1918.
Francesco Janin fu il primo dei 22 caduti di Verrès. Reclutato per la prima Guerra mondiale, era da poco tornato dalla guerra in Libia.
Nicola Lorenzo Luigi Dallou, Francesco Giuseppe Chasseur, Giovanni Guglielmo Bertolin, Ferdinando Alessio Cretier appartennero al 4° Battaglione Alpini. I primi due morirono entrambi sul monte Vesie, il primo nel 1915 ed il secondo l’anno successivo.
Placido Perron e Giuseppe Busetti morirono a pochi giorni di distanza nel maggio del 1917 combattendo la 10ª battaglia dell’Isonzo durata dal 12 maggio al 5 giugno che, con l’obiettivo di raggiungere la città di Trieste, portò alla conquista del Monte Vodige.
Pietro Duguet; Dante Massoni; Maurizio Gevroz morirono a Verrès dopo la fine della Prima Guerra Mondiale per cause conseguenti alle ferite od alle malattie contratte sui campi di battaglia e di prigionia.
I padri di Giuseppe Busetti e di Luigi Sbernini provenivano entrambi dal comune di Gussola in provincia di Cremona. All’anagrafe comunale di Verrès altri componenti della famiglia Busetti sono registrati con le varianti Busetti e poi Bozzetti.
Il ragazzo del ‘99 di Verrès
Per combattere quello che fu definito anche “quarta guerra di indipendenza italiana” la chiamata alle armi giunse ai nati dal 1874 e fino al 1899.
Mentre in tempo di pace, al compimento del ventesimo anno d’età il coscritto doveva presentarsi alla visita di leva presso il proprio Distretto Militare, dopo il 24 maggio 1915 con l’entrata in guerra dell’Italia, le regole per il reclutamento furono adeguate alla necessità di sostituire al fronte i tanti soldati caduti.
L’ultima chiamata fu nel 1917 per nati nel 1899, ragazzi che avrebbero compiuto diciotto anni in quell’anno, inviati al fronte per effetto del Decreto Luogotenziale n. 112.
265 mila coscritti del ’99 la cui chiamata incrementò gli schieramenti militari che avevano subito gravi perdite nelle battaglie, ultima di queste Caporetto. Inviati sui principali teatri di guerra, rinsaldarono la linea sul Piave e troppi di loro non tornarono a casa sacrificando per la patria le loro giovani vite.
I ragazzi del ’99 furono però i protagonisti di tre vittoriose battaglie che capovolsero le sorti del conflitto determinando il 4 novembre 1918 la vittoria e l’indipendenza dell’Italia.
Vittorio Emanuele Orlando, l’allora presidente del Consiglio, esortava a “resistere, resistere, resistere!” i giovani soldati appena o non ancora diciottenni arruolati ed istruiti velocemente che ebbero il battesimo del fuoco nel novembre 1917.
Anche Verrès contò un suo ragazzo del ‘99 caduto: Luigi Sbernini che perse la vita già nelle battaglie dette “di arresto” combattute dal 13 novembre 1917 e fino alla fine del mese di dicembre.
Egli combatté sulla linea difensiva del Monte Solarolo, un contrafforte del Monte Grappa, morendo il 13 dicembre a causa di una scheggia di granata che gli spappolò la testa. Non possediamo informazioni precise sulle sue azioni, sappiamo che l’11 di dicembre, due giorni prima della sua morte, iniziò la seconda battaglia del Grappa che nonostante la strenua resistenza del nostro esercito vide occupati il Col Caprile, il Col della Beretta e l’Asolone, mentre il giorno successivo fu assaltata la cima Solarolo.
Le durissime battaglie di arresto si esaurirono alla fine del mese di dicembre con uno scacco delle truppe Austro-Tedesche che, non riuscendo a sfondare la linea del Piave, dovettero ancorarsi al terreno e mettersi sulla difensiva. Il periodo critico era ormai stato superato.
Le sue spoglie riposano tutt’ora nel Tempio Ossario di Bassano del Grappa alla tomba 4410, insieme a quelle di altri 5404 soldati. Una gran parte di loro ragazzi del ‘99, morti in battaglia o negli ospedali da campo anche dopo molti mesi e con immani sofferenze, comunque tutti riconosciuti.
MEDAGLIE AL VALOR MILITARE:
Umberto Mautino 1 medaglia d’Argento e 2 medaglie di Bronzo
Maurizio Gevroz 1 medaglia d’Argento
Ottavio Dondeynaz 2 medaglie di Bronzo
Combatterono nell’esercito nei corpi militari:
Alpini: Nicola Dallou, Francesco Giuseppe Chasseur, Giovanni Guglielmo Bertolin, Ferdinando Alessio Cretier, Placido Timoteo Perron, Ernesto Francesco Othmar Bonin, Ottavio Giuseppe Leonardo Dondeynaz, Benedetto Chiabotto, Umberto Mautino, Pietro Duguet, Maurizio Gevroz, Luigi Sbernini.
Fanteria: Francesco Janin, Ubaldo Borione, Carlo Lorenzo Cottura, Battista Pietro Danna, Umberto Basseggio, Giacomo Prola, Ernesto Vernetto,
Genio Minatori: Mario Barbier
Mitraglieri FIAT: Giuseppe Busetti
Compagnia di Sanità: Dante Massoni
In uno degli elenchi dei Caduti dell’archivio comunale risulta anche il nome di ENRICO GIOVANNI BATTISTA soldato del 165° Reggimento di Fanteria, morto il 25 agosto del 1915 a Busa di Verle, del quale però non vi è nessun altro riscontro.
Verrès conta inoltre tre soldati fatti prigionieri dell’esercito austriaco che tornarono a casa
Enrico Curtaz Prigioniero a Sigmundsherberg dal 5 novembre del 1915
Giovanni Simonetti Internato a Mauthausen dal 21 maggio del 1916
Giudo Giuseppe Felice Gontier Prigioniero a Sigmundsherberg dal giugno 1916
Di seguito vengono riportate le storie dei caduti, elencati secondo la loro data di morte:
Bollettini di Guerra di battaglie in cui hanno combattuto soldati verrezziesi
Il 4 novembre 1917, in seguito al rafforzamento della linea di difesa sul Tagliamento, il Comando Supremo Italiano ordinava alla 3ª ed alla 4ª Armata il ripiegamento sulla linea Piave – Grappa. Il primo nucleo, con le truppe raggiunse il Grappa il giorno 9 novembre; il 14 novembre si completava lo schieramento difensivo e sul Solarolo. Il 14 novembre 1917 gli Austro-Tedeschi iniziavano la Prima Battaglia del Grappa (Battaglia d’arresto). La loro spinta era tale da far cadere i Monti Roncone e Tomatico, investendo il giorno dopo la nuova linea di difesa italiana Col della Beretta – Col d’Orso – Solarolo – Spinoncia – Montefenera.
Dopo 13 giorni di combattimenti la Battaglia si spegneva rimanendo sostanzialmente invariato lo schieramento dei due eserciti.
Questa era la prima battaglia combattuta dopo la Disfatta di Caporetto e l’aver mantenuto le posizioni sotto la spinta austriaca e germanica rappresentava per il nostro esercito una grande vittoria.
L’11 dicembre iniziava la Seconda Battaglia del Grappa. Nonostante la resistenza vennero occupati il Col Caprile, il Col della Beretta, l’Asolone e il giorno dopo veniva assaltato il Solarolo. Incessanti si susseguirono fino al 21 dicembre attacchi e contrattacchi all’arma bianca poi anche la Seconda Battaglia si spense senza che il temuto sfondamento avversario verso la pianura fosse avvenuto. La cima del Solarolo fatta segno da un continuo furioso bombardamento, divenne terra di nessuno.
Il 14 dicembre, alle ore 12.30, si scatenava il primo attacco austriaco contro il Monte Solarolo e un secondo venne attuato alle ore 16.00. Da parte italiana, in quei tragici momenti, si verificarono numerosi atti di eroismo.
Bollettini di guerra del 12 e 13 dicembre 1917:
“Nel pomeriggio del 10 il nemico tentò di rioccupare la nostra posizione di Agenzia Zuliani: fu sanguinosamente respinto. L’11, numerose truppe austriache attaccarono le nostre posizioni in regione del Colle della Berretta e, mentre altri reparti puntavano sul Colle dell’Orso, grosse unità assalivano da est il Monte Spinoncia e le difese di Valle Calcino (a nord di Quero). La lotta continuò l’intera giornata e l’avversario condusse l’azione con estremo vigore, facendola appoggiare da numerose artiglierie di ogni calibro. Le nostre batterie rallentarono l’impeto nemico; le fanterie sostennero l’urto validamente; qualche posizione si è dovuta abbandonare in un primo tempo per effetto del tiro di distruzione, ma fu rioccupata quasi per intero con successivi contrattacchi. Verso sera, per la tenace resistenza delle nostre truppe e per le gravissime perdite subite, il nemico riduceva la propria azione al fuoco di artiglieria che nella notte diventava normale.
Il giorno 12 la battaglia si riaccese. Nella mattinata, in regione di Colle della Berretta, un nostro contrattacco ci ridiede il possesso di gran parte delle trincee non riuscite a rioccupare il giorno precedente; catturammo un ufficiale e 58 soldati. In Valle Calcino, due violenti attacchi nemici furono respinti. Sul mezzogiorno, l’avversario riprese gli attacchi in forze ad oriente del Brenta: l’azione durò accanita l’intero pomeriggio nei valloni che dalle pendici nord di Colle Caprile, di Colle della Berretta e di Monte Asolone scendono al Brenta. A notte, a causa delle gravi perdite subite, l’avversario desisteva dall’azione. Qualche prigioniero restò nelle nostre mani. Verso le ore 15, in Valle Calcino, un nuovo e più forte attacco s’infrangeva contro le nostre difese”.
Firmato: AMANDO DIAZ
Bollettini del 14 e 15 dicembre 1917:
“All’alba del 13, terza giornata della rinnovata lotta tra il Brenta e il Piave, l’avversario dopo aver concentrato per parecchie ore il fuoco delle sue batterie sulle nostre posizioni in regione Col Caprile-Col della Berretta, le assalì violentemente. Trovata intatta e salda la nostra resistenza, sospese l’attacco delle fanterie e, pur mantenendone forte la pressione, riprese il tiro di artiglieria che durò l’intera giornata. Fu efficacemente controbattuto dalle nostre batterie che, insieme agli aeroplani da bombardamento, trovarono buon bersaglio nei grossi ammassamenti di truppe nemiche sostanti nei valloni a nord delle nostre linee.
Nelle prime ore del mattino, nutrite raffiche di fuoco seguite da violento tiro di distruzione hanno investito le nostre posizioni del saliente di Monte Solarolo che alle 11.30 sono state impetuosamente attaccate con azione avvolgente da ovest e da nord-est. Forti ondate di attacco, mutatesi talvolta in dense masse, furono lanciate contro il Col d’ Oro, il Monte Solarolo e la testata di VaI Calcino; intensa azione di fuoco fu diretta sulle Poste di Salton. Con magnifico contegno e strenua resistenza, spinta fino al combattimento a corpo a corpo e alla lotta a colpi di granate a mano, le nostre fanterie splendidamente coadiuvate da batterie nostre e francesi, mantennero le posizioni e respinsero l’avversario. A notte, allorché il combattimento diminuì di intensità, un insignificante e brevissimo tratto di terreno, sgombrato a passo a passo dai valorosi difensori, rappresentava per il nemico l’unico compenso agli immensi sacrifici di sangue della giornata.
Si distinsero la brigata Ravenna (38), Umbria (53), Campania e 3° raggr. Alpino Monte Pavone e Val Maira che sul fondo di Val Calcino, sbarrando la via al nemico ha affermato ancora una volta il motto “di qui non si passa”.
Firmato: ARMANDO DIAZ
Registro dei MILITARI CADUTI NELLA GUERRA 1915-1918